
Quantita' | Prezzo per unità | Sconto |
2 articoli | € 11.00 | 8% di sconto |
4 articoli | € 10.33 | 14% di sconto |
11 articoli | € 9.00 | 25% di sconto |
21 articoli | € 8.50 | 29% di sconto |
31 articoli | € 8.00 | 33% di sconto |
Beppe Aliprandi (sax alto, tenore, flauto), Luca Segala (sax tenore, soprano e baritono),
Tito Mangialajo Rantzer (contrabbasso), Massimo Pintori (batteria)
E’ il secondo disco di Beppe Aliprandi per la nostra etichetta, due anni dopo «Blue totem»
(Caligola 2070); ma qui la responsabilità viene divisa con un altro più giovane sassofonista,
anche lui attivo nell’area milanese, Luca Segala. Oltre che la guida del quartetto (una sorta di
doppio trio in definitiva, come il bizzarro nome scelto, Treperqu@ttro, lascerebbe intendere), i
due jazzisti si dividono anche le fatiche della composizione, avendo firmando Aliprandi quattro,
e Segala tre dei nove brani del disco.
Segala, diplomato in Francia, proviene dalla musica classica, ma è musicista ricco di swing e
feeling jazzistico. Doti queste presenti anche in Aliprandi che, con l’appartenenza come co
–leader a questo gruppo, aggiunge un altra perla alla già ricca collana delle sue esperienze. In
questo contesto, i quattro operano in una dimensione che ricorda i più amati gruppi “pianolessâ€
della storia del jazz, dai quartetti Mulligan–Baker o Mulligan–Brookmayer ai quartetti Coleman
–Cherry o Coleman–Redman, quest’ultimo assai simile anche per la strumentazione prescelta.
Ogni sospetto d’imitazione viene però a cadere allorché si dia un’ occhiata all’inconsueto
repertorio di Treperqu@ttro, che rende questo gruppo ancora più difficile da etichettare, perché
estremamente originale. Alcuni dei brani possono tutt’al più far riferimento all’avanguardia
jazzistica chicagoana degli anni ’60 e ‘70, dove la libertà delle strutture ed un linguaggio
espressivo di grande attualità si sposano ad atmosfere saldamente radicate nella tradizione
jazzistica. Non è un caso che il brano scelto per chiudere l’album sia un’interpretazione ironica
e gustosa di Strawberry mango, cavallo di battaglia dell’Art Ensemble of Chicago. Molte delle
composizioni hanno tuttavia come punto di partenza la musica colta: sono infatti frequenti i
riferimenti al pre–barocco (addirittura palesi nella rilettura di La suave melodia, di Andrea
Falconieri), al barocco od a forme più moderne di musica accademica: il passaggio da queste
pagine tradizionali al linguaggio jazzistico delle parti improvvisate è non solo quasi
impercettibile ma, anzi, apportatore di un’unità espressiva che ben dimostra come la formula
“tema con variazioniâ€, di gran moda nei secoli passati, sia ancor oggi più che mai attuale.
Una nota di merito infine spetta all’affiatata, compatta e fantasiosa coppia ritmica, senza il cui
incalzante pulsare non succederebbe nulla. Sia Mangialajo Rantzer, contrabbasso, che Pintori,
batteria, non solo svolgono nel migliore dei modi i compiti loro assegnati, ma contribuiscono in
modo determinante alla riuscita finale del progetto.