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Riccardo Chiarion (electric guitar), Paolo Jus (electric bass), Francesco Vattovaz (drums).
1) Arabesques; 2) Snow Dance; 3) Hidden Blues; 4) Sofia; 5) Short Story; 6) Seven; 7) Hopes; 8) Shadows; 9) Light.
Recorded and mixed at JazzHouse, Gorizia, Italy, in July 2024;
mastered by Andrea Ghion at Fishbowl Studio, Preganzion (Treviso), in December 2024.
A dieci anni da «Waves» — terzo album da leader per Caligola Records dopo «Sirene» (2012, con Michele Polga) e «Mosaico» (2013, con Pietro Tonolo) — Riccardo Chiarion, classe 1974, torna a pubblicare per l’etichetta veneziana. In «Waves» il chitarrista goriziano guidava un sestetto che comprendeva, tra gli altri, John Taylor e Diana Torto. Il nostro si presenta oggi invece alla guida di un trio essenziale quanto coeso ed affiatato, completato da due giovani talenti del jazz di casa nostra: il bassista friulano Paolo Jus e l’ancora più giovane batterista triestino Francesco Vattovaz. Jus fra l’altro è stato allievo di Chiarion al Conservatorio di Trieste. Tra «Waves» e questo nuovo lavoro c’è in mezzo «Quiet Stories» (2020), album di chitarra solo, ma anche un lungo silenzio discografico riempito da un’intensa attività didattica, condotta sia all’interno che all’esterno del conservatorio. «Arabesques» presenta nove composizioni di Chiarion caratterizzate da un’elegante scrittura armonica e da una struttura ritmica solida quanto dinamica. Jus e Vattovaz, musicisti dalla tecnica impeccabile, ma allo stesso tempo duttili e sensibili, riescono ad instaurare un proficuo dialogo con la chitarra del leader. La musica del trio si distingue per la costante alternanza di frasi improvvisate da tutti e tre gli strumenti in un contesto armonico variegato; si crea quindi un sottile equilibrio di intrecci timbrici in continuo rinnovamento. Lo stile musicale rientra nell’ambito del jazz post–modale, dove le armonie modulano frequentemente con durate brevi. L’ispirazione viene da Bill Evans, Pat Metheny e John Abercrombie, ma anche da Kenny Wheeler e John Taylor, con cui Chiarion ha inciso e suonato. Altrettanto importante è l’aspetto ritmico, che spazia in varie direzioni e metriche come quelle in cinque e sette quarti, con ricami ritmici possibili solo grazie ad un costante e naturale “interplay”. Si passa così dal veloce ed energico tre quarti di Snow Dance a Sofia, ballad romantica e delicata, dal pulsante sette quarti di Seven al blues “nascosto” di Hidden Blues, ma anche ad una Light luminosa e leggera, quasi danzante, perfetta chiusura di un album atteso quanto convincente, a conferma che Riccardo Chiarion è oggi fra i più talentuosi, originali e raffinati chitarristi del jazz italiano.