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Stefano Gajon (clarinetti, sax tenore, chitarra), Dario Zennaro (chitarre),
Andrea Zennaro (tuba), Davide Michieletto (batteria)
Gruppo originale e che ha già qualche anno di attività alle spalle, Quartoinfolio raccoglie con
questo album – che è anche quello del debutto – i frutti di un paziente e minuzioso lavoro,
riuscendo a mettere a fuoco quella che è stata, da subito, una delle caratteristiche salienti della
sua ricerca musicale: la sonorità . Il loro personale “sound†si fonda infatti su impasti timbrici
estremamente variegati, senza dubbio inusuali, almeno nel jazz moderno (ma non in quello
delle origini, vista la contemporanea presenza di tuba e clarinetto). E’ proprio questo uno dei
punti di forza del quartetto veneziano, capace come pochi altri gruppi in circolazione di
affiancare una ragguardevole pratica jazzistica ad un solido background accademico, cosa che
li fa sentire “a loro agio sia nel groove contemporaneo che nell’arte di intrecciare trame
complesse con sicurezza e maestria†(sottolinea nelle acute note di copertina il sassofonista
Pietro Tonolo). I componenti della formazione sono tutti diplomati al Conservatorio ma
frequentano da anni i generi più disparati, dal dixieland al minimalismo, dal jazz alla musica
balcanica od all’etno–rock. Quello che suona Quartoinfolio è difficile da etichettare, ha il
profumo della libertà del jazz ed allo stesso tempo il rigore della musica colta contemporanea.
Le composizioni sono firmate tutte dai quattro musicisti ad eccezione di Acrobatic, scritta
dall’amico Bruno Pizzati. Ma ciascun brano, pur nel rispetto della personalità del suo autore,
viene abilmente arrangiato e trattato dal quartetto, diventando così una perfetta espressione di
quella sonorità di gruppo caparbiamente cercata ed alla fine felicemente trovata. Diversi gli
umori e le ispirazioni, che vanno dal tango di Gargouilles allo Scofield sapientemente riletto da
Gajon (qui alla chitarra) di Sodoma e Gomorra, dal contemplativo sound towneriano di School
days al più complesso e trascinante incedere ritmico di Majo lajo. La chitarra elettrica di Dario
Zennaro scuote qualche volta il timbro cameristico del gruppo verso strade più “popolariâ€, ma
senza mai ricorrere a trucchi o furberie. Li aiuta in questo il raffinato equilibrio raggiunto, una
mai dimenticata e salutare dose di autoironia, il sapersi abbandonare al gusto del gioco ma
anche prendere sul serio, specie quando i sentieri si fanno meno segnati e quindi più difficili da
seguire. Lo spunto per la chiusura ce lo forniscono ancora le belle note di Tonolo: “un aspetto
centrale dell’espressione artistica è l’equilibrio, e questo bel Cd rappresenta, in questo senso,
un esempio mirabileâ€.