Piera Acone (vocals), Marco Castelli (tenor and soprano sax), Paolo Vianello (piano),
Edu Hebling (double bass), Gabriele Centis (drums).
1) La foule; 2) Sous le ciel de Paris; 3) Mon manège a moi; 4) La bicyclette; 5) Les cornichons;
6) Que reste–t–il de nos amours; 7) Sympathique; 8) C’est si bon; 9) Vous qui passez sans me voir;
10) Comment tuer l’amant de sa femme; 11) Les yeux ouverts [Dream a little dream of me] .
Più di un anno di gestazione partendo da una quarantina di canzoni,
poi pazientemente selezionate, prima di chiudersi in studio a registrare,
sono serviti a regalarci un disco dedicato alla canzone francese davvero
riuscito, fresco, originale e vario, moderno ma allo stesso tempo rispettoso
della tradizione e delle (bellissime) canzoni originali. Se è il brano reso
celebre da Yves Montand a dare il titolo all’album (di cui è anche uno dei
più riusciti), ognuna delle altre canzoni scelte dalla cantante Piera Acone
e dal sassofonista Marco Castelli, entrambi veneziani e jazzisti di “lungo corso”,
musicisti a tutto tondo verrebbe da dire, ha più di qualche motivo d’interesse.
Grazie alla scorrevolezza ed al perfetto francese delle interpretazioni della Acone,
principale artefice del progetto, al paziente lavoro musicale di Castelli
ed agli arrangiamenti messi a punto con l’aiuto del pianista Paolo Vianello,
il risultato appare decisamente godibile, in grado di venire apprezzato
non solo dai jazzofili. Difficile stilare una graduatoria fra le canzoni,
la scelta è giocoforza legata ai gusti (ed ai ricordi) personali, ma ci piace
sottolineare il sorprendente gioco ritmico che domina il brano d’apertura,
La foule, capace di trasformarsi da valzer a “latin”, e l’avvincente swing
di Sympatique, fra tutte la canzone più recente, valorizzata dalla pulsante
coppia ritmica formata da Edu Hebling e Gabriele Centis.
Meritevoli di lode anche lo splendido assolo del tenore in Vous qui passez
sans me voir, la gustosa introduzione in stile stride del pianoforte nel brano
di Jacques Brel, dove Castelli torna al soprano, e la deliziosa chiosa conclusiva
di Dream a little dream of me, qui proposta nella sua versione francese, naturalmente.
Ma il grande merito di «La bicyclette» è soprattutto quello di riuscire a farsi riascoltare
senza mai annoiare, dimostrando come creatività e bellezza si possano
sposare con il piacere dell’ascolto senza per questo venirne sminuite.