Pedro Makay (vocals, guitar), Miron Rafajlovic (trumpet), Norman Hogue,
Roberto Lorenzo Elekes (trombone), Julian Olivares (guitar, tres cubano),
Sergio Fernandez (piano), Pablo Alfieri (bass), Pancho Brañas (drums), Youssouf Sanogo (djembe).
Guests: Syla Aboubakar (vocals) on tracks 1/3; Oumou Bah (vocals) on tracks 2/3/4;
Nuria Nchama, Abba Suso (vocals) on tracks 2/4; Mohammed Elbouzidi (guembri) on track 5.
1) La mosca; 2) Volveré contigo cuando me quieras; 3) Magdalena de Lavapiés;
4) Vahine no te tiare; 5) Caravana; 6) Tintoreo; 7) Rueda la rueda; 8) Colores.
All songs (music and lyrics) by Pedro Makay.
Recorded and mixed at Estudio Uno, Madrid, in 2019, by Pablo Pulido;
mastered at PKO Studios, Madrid, in 2020, by Caco Refojo.
Nato (nel 1981) e cresciuto a Bilbao, Pedro Makay passa a tredici anni dal pianoforte
alla chitarra. Un soggiorno con la famiglia in Giamaica gli fa conoscere i ritmi caraibici,
che costituiscono tuttora un’ispirazione importante per la sua musica, oggi più che mai
varia e contagiosa. Si perfeziona quindi come chitarrista di flamenco sotto la guida di
Luis Cortes ed a 27 anni è già pronto per il debutto discografico, che avviene con
l’album «Pedro Makay», giovandosi della presenza del chitarrista Carlos Velasco.
Durante una tournée in Sudamerica decide di fermarsi a Buenos Aires, dove registra
nel 2010 il suo secondo disco da leader, «Ojos Negros», che gli fa guadagnare la
candidatura ai Latin Grammy Awards dell’anno successivo. Nel 2011 decide quindi di
tornare in Spagna, trasferendo la sua base operativa a Madrid, dove intensifica la
propria attività concertistica, non disdegnando qualche breve tour europeo. Nel 2020 i
tempi sembrano ormai maturi per fissare su disco otto nuove composizioni, sintesi
felice di un decennio d’intensa attività musicale, di incontri stimolanti e fruttuose
collaborazioni, anche nel campo del jazz, come testimonia la presenza di tromba e
trombone, che conferiscono un sapore decisamente afrocubano a «Colores», titolo
scelto per questo nuovo lavoro. Spicca la presenza del trombonista americano Norman
Hogue, che impreziosisce con la sua sonorità rotonda il tema dolce e melanconico di
Vahine no te tiare, ma una menzione spetta anche alla tromba pirotecnica di Miron
Rafajlovic, protagonista del conclusivo Colores, brano che è sintesi felice di tutto
l’album, cui ha dato anche il titolo. C’è molto sole africano nella festosa melodia di
Volveré contigo cuando me quieras, impreziosita dalle voci di Abba Suso e Oumou
Bah, così come nell’ipnotica cantilena dell’iniziale La mosca, che si avvale del
contributo di Syla Aboubakar. In Caravana, arrangiata in stile “ellingtoniano”, si può
ascoltare un altro importante ospite africano, Mohammed Elbouzidi, specialista del
guembri. Difficile catalogare la musica del cantautore spagnolo, che sembrerebbe
appartenere al vasto panorama della World Music, termine di cui si è spesso abusato
ma che nel suo caso sembra quanto mai pertinente. È in ogni caso un’iniezione di
solare allegria in tempi particolarmente grigi e tristi. Con il pensiero rivolto ai colori del
Gauguin tahitiano godiamoci intanto i variopinti «Colores» musicali di Pedro Makay.