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Paolo Botti (viola),
Alessandro Bosetti (sax soprano), Marina Ciccarelli (trombone),
Tito Mangialajo Rantzer (contrabbasso), Filippo Monico (batteria).
Il gruppo, attivo da due anni, riunisce musicisti giovani come Marina Ciccarelli e lo stesso
leader, a più noti esponenti del jazz italiano come Tito Mangialajo, Alessandro Bosetti e
soprattutto il veterano Filippo Monico, vera e propria “colonna†dell’avanguardia milanese. Si
tratta in ogni caso di persone che hanno lo stesso modo di sentire la musica e che spesso
collaborano all’interno di altre formazioni, attivi anche sul piano dell’organizzazione con
associazioni come C-jam e Takla Improvising Group. Ideatore del progetto ed autore delle
musiche è Paolo Botti, violista che cerca in tutti i modi di liberarsi dal peso degli anni di
conservatorio, portando il suo strumento su terreni il più possibile lontani da Bach e Paganini.
Classe 1969, Botti ha quindi approfondito le proprie passioni musicali in ambito non
accademico rivolgendo il proprio interesse verso la musica improvvisata, che ha avuto modo di
studiare ai seminari di Matera con Bruno Tommaso, a quelli senesi ed al corso sperimentale
presso il Conservatorio di Trento con Franco D’Andrea. Nel corso degli ultimi anni il violista
milanese ha suonato in molte formazioni, fra cui l’â€Hereo Ensemble†di Giorgio Occhipinti,
l’orchestra “Eleven†di Franco D’Andrea, ma anche in duo col pianista Alberto Tacchini. Botti ha
inoltre collaborato con jazzisti come Evan Parker e Barre Philips, Giancarlo Schiaffini, Maurizio
Giammarco e Carlo Actis Dato, solo per fare qualche nome. “Moto Contrario†è il secondo Cd
realizzato dal quintetto per la nostra etichetta, dopo “Leggende Metropolitaneâ€, registrato con la
stessa formazione, che ha avuto ottimi riscontri di critica e di pubblico. Botti è stato votato nel
referendum “Top Jazz 2001â€, indetto dalla rivista Musica Jazz, fra i dieci migliori talenti
emergenti del jazz italiano. Con il nuovo album il gruppo continua sulla strada della
sperimentazione, senza trascurare però la tradizione più innovativa della musica afroamericana
(Charles Mingus su tutti), cercando di ripescarne lo spirito e le sonorità , ma soprattutto
dandone un’interpretazione personale. Rilettura sicuramente parziale, perchè proposta da
musicisti che con la tradizione hanno un rapporto profondo ma molto laico, affettuoso ed
irriverente allo stesso tempo. Dieci degli undici brani del disco sono stati composti dal leader
(unico titolo non originale è la mingusiana Pithecanthropus Erectus).