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Paolo Botti (viola, banjo, dobro), Dimitri Grechi Espinoza (sax alto),
Tito Mangialajo Rantzer (contrabbasso), Filippo Monico (batteria).
«Questa musica nasce dalla convinzione che anche i più avventurosi
sviluppi del jazz abbiano una forte continuità con le sorgenti della musica
afro–americana, quindi il blues del Delta ed il jazz delle origini. Intento di
questo lavoro è quello di rendere esplicita e visibile tale continuità , facendo
costante riferimento, nelle composizioni e nelle improvvisazioni, a quei
suoni. Sono convinto che il modo migliore per rendere omaggio a
quell’universo musicale non sia il tentativo di riprodurne gli stilemi in
maniera calligrafica: ho invece avvertito la necessità di rivisitarlo e
attualizzarlo con la mia sensibilità di musicista contemporaneo». Quali
parole meglio di queste di Paolo Botti, ideatore del progetto, possono
contribuire a spiegarcelo od almeno di affrontarlo con il giusto approccio. A
lungo pensato e provato, «Looking back» è diventato realtà grazie ad una
riuscita registrazione “live†effettuata nel piccolo auditorium Candiani di
Mestre, trasmessa, anche se solo per metà , da Pino Saulo su RadioTre
Rai. Un importante contributo a quest’originale rilettura della musica del
Delta viene fornito dal sax alto di Dimitri Grechi Espinoza, che il blues
conosce ed ama profondamente. In questo che è il suo quarto disco per
Caligola, Botti sorprende, oltre che per il suo già noto ed apprezzato
talento con la viola, frutto peraltro di studi accademici, per la sua capacitÃ
di utilizzare due strumenti che non gli sapevamo familiari come la chitarra
dobro ed il banjo, sicuramente funzionali al progetto. In questo nuovo
suggestivo lavoro il musicista milanese ritrova la sua collaudata coppia
ritmica, formata da due assoluti protagonisti del nostro jazz come Filippo
Monico, batteria, e Tito Mangialajo Rantzer, contrabbasso, che
confermano qui la loro coesione e sensibilità . E’ un blues volutamente
scarno, spesso “sudatoâ€, come nell’iniziale Morning song (in cui il banjo
introduce un sax alto struggente e viscerale), nell’ipnotico riff di Delta o
nell’arcana Primitive dance, con la chitarra dobro a swingare sopra basso
e batteria, in perfetto stile country. Ma è anche un blues che si tinge di
contemporaneità nel tributo a Leroy Jenkins (Leroy, quasi un free di sapore
chicagoano), che sa recuperare con grande libertà ma rispetto la lezione di
maestri come Charles Mingus (sia in Caldo che in A letto senza cena) ed
Ornette Coleman (nella struggente Or). Proprio con la viola, usata in
quattro dei dieci brani dell’album (in altrettanti suona il banjo e solo in due
il dobro), la musica di Botti sembra tornare su atmosfere più abituali, anche
se mai egli si vergogna di guardare indietro (looking back), per cercare
nelle sue radici nuovi sbocchi espressivi.