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Francesco Socal (clarinets, saxes), Roberto Durante (keys, piano, accordion), Enrico Milani (cello),
Pietro Pontini (violin, viola). Guests: Matteo Minotto (basson, percussion) on tracks 1/3/5/10/11,
Martin Teshome (voice) on track 1.
1) Hora bananeasca (E.Milani, P.Pontini); 2) Karsilamàs hijaz (traditional); 3) Ciccio’s freilach (F.Socal); 4) Öt plus kettő (R.Durante); 5) Ciccio’s Dream (F.Socal); 6) Incubob (R.Durante); 7) Haneros (traditional); 8) Vounó me vounó (M.Hiotis); 9) Hasapiko kavvadia (L.Kavadias); 10) Bučimiš – Sedi donka (traditional); 11) Di tanzl fun VallonStrasse (F.Socal); 12) Whistle hora (F.Socal); 13) Biz in weisen tog arain (traditional).
Recorded, mixed and mastered in Treviso, in March 2023, by Davide Dall’Acqua.
Formatosi come trio nel 2011 a Londra, il gruppo aveva all’attivo appena due album («Minimal Klezmer» del 2012 e «Oy Oioi» del 2014) prima di decidere, dopo nove anni di silenzio discografico, non certo concertistico, di tornare in studio per fissare un’altra tappa della sua costante evoluzione artistica. Minimal Klezmer è diventato da qualche anno un quartetto stabile, molto attivo nell’area veneta, ma non solo. A Francesco Socal, clarinetto e sassofoni, e al pluristrumentista Roberto Durante, suoi storici esponenti, si sono affiancati prima Enrico Milani al violoncello – subentrato nel 2018 a Martin Teshome, anche lui tra i fondatori, che ora vive in Giappone – e quindi Pietro Pontini al violino, che aveva già collaborato con loro in precedenti occasioni. Di musica klezmer – parola che solo dagli anni ’70 ha acquisito il significato di genere musicale – si è parlato e scritto molto negli ultimi tempi. Pur conservando l’imprevedibilità vagamente dadaista delle origini, Minimal Klezmer sembra aver raggiunto in questo terzo riuscito lavoro un’ancora più matura e riconoscibile cifra stilistica, affiancando al tradizionale repertorio che nasce per lo più dalla rielaborazione di canzoni e danze yiddish, rumene, ucraine, anatoliche o greche, un buon numero di brani originali (sette su tredici), così privilegiando l’utilizzo di pratiche compositive ed esecutive molto vicine alla musica colta del Novecento, alla libera improvvisazione e soprattutto al jazz. È un approccio divertito e scanzonato il loro, che potrebbe indurre a valutare in modo superficiale quattro musicisti preparati e talentuosi (cui si aggiunge in cinque tracce l’amico e fagottista Matteo Minotto, spesso ospite delle loro performance) che, decidendo di affrontare gli impervi ma suggestivi sentieri dell’improvvisazione, sono riusciti a caratterizzare in modo ancora più originale il proprio progetto musicale. E scusate se è poco. «Öt Mínusz Kettő» è un album avvincente, da ascoltare tutto d’un fiato, dall’inizio alla fine.
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Born as a trio in London in 2011, the group had only released two albums («Minimal Klezmer» in 2012 and «Oy Oioi» in 2014) before going back to the studio after a nine-year hiatus in music making for another phase of its constant artistic evolution. Minimal Klezmer has been a stable quartet for a few years now and mainly, but not exclusively, perform in the Veneto region. Francesco Socal, who is on clarinet and saxophones, and multi-instrumentalist Roberto Durante, the original members, were joined by Enrico Milani on cello – in 2018 he replaced another original member, Martin Teshome, who moved to Japan – and Pietro Pontini on violin, the latter having already collaborated with Minimal Klezmer on previous projects. Lately, much ink has been spilled about klezmer, a word that only in the Seventies has started defining a musical genre. Despite keeping his vaguely, Dadaist unpredictability of the beginning, Minimal Klezmer seems to have attained artistic maturity with its third project and has varied its usual repertoire. Next to interpretations of Yiddish, Romanian and Ukrainian songs as well as Greek and Turkish tradition, it incorporated original pieces (seven out of thirteen) and favoured styles and techniques close to art music of the 20th century, free improvisation and most of all jazz. Its approach is laid–back and easy–going, and might lead to overlook four talented, trained musicians (friend and bassoonist Matteo Minotto, who is often a guest in their performances, plays on five tracks of the album) that crafted an original project by following the tough, impervious path of improvisation. And that is not a small thing. «Öt Mínusz Kettő» is a captivating album to be listened to with no interruption, from start to finish.