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MICHELE CALGARO «Progressions»
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MICHELE CALGARO «Progressions»

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MICHELE CALGARO «Progressions»
Negozio/Caligola Records
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MICHELE CALGARO
«Progressions»
Caligola 2141


Alex Sipiagin (trumpet, flugelhorn), Robert Bonisolo (tenor sax),
Michele Calgaro (guitars), Lorenzo Calgaro (double bass on 1–2–6–7–9)
or Marc Abrams (double bass on 3–4–5–8), Mauro Beggio (drums).



1) Natural bop killers; 2) Basso fondo; 3) Progression;
4) Il valore delle differenze; 5) In pursuit of the 27th man; 6) Intro Monadi;
7) Monadi; 8) Mari land; 9) Love is this thing called “what?”.



Apprezzato didatta – dal 1991 dirige a Vicenza la scuola di musica
Thelonious – Michele Calgaro è qui alla seconda prova da unico leader,
a quattro anni da «Round about Monk», pubblicato sempre dalla nostra
etichetta. In verità qualche tempo prima aveva condiviso la paternità di
un altro disco con il sassofonista canadese Robert Bonisolo, «The
Edge»
, registrato in quartetto con l’aggiunta in alcuni brani di Paolo
Fresu. Bonisolo, con cui Calgaro suona quindi ormai abitualmente da
quasi vent’anni, é presente anche in questo «Progressions», album
arricchito peraltro dalla presenza di un prestigioso ospite, Alex Sipiagin,
trombettista russo che dal 1992 s’è trasferito stabilmente negli Stati
Uniti, diventando presto uno degli assoluti protagonisti della scena
jazzistica newyorkese. Il quintetto di Calgaro, completato da un altro dei
suoi collaudati partner, il prezioso batterista Mauro Beggio, vede invece
dividersi nel ruolo di contrabbassista il fratello di Michele, Lorenzo, e
l’americano Marc Abrams che, come ed ancor più di Bonisolo, può venir
considerato ormai italiano a tutti gli effetti. A differenza dell’incisione
precedente, interamente dedicata a Thelonious Monk, qui Michele
Calgaro si mette alla prova anche come compositore, dimostrando
d’aver ormai acquisito uno stile decisamente personale, che sa essere
poetico e riflessivo (nella dolce ballad Monadi, firmata da Lorenzo, così
come in Mari Land, che parte con il solo trio e poi vede aggiungersi il
sax di Bonisolo ed il flicorno di Sipiagin), ma all’occorrenza anche
giustamente stringente ed aggressivo (nella modale Progression e
nell’incalzante incedere di Love is this thing called “What?”). Non è un
caso che l’unico standard presente nell’album – arrangiato peraltro in
modo assai originale – sia un brano del “maestro” Horace Silver,
l’avvincente e troppo poco eseguito In pursuit of the 27th man. Ma il
quintetto di Calgaro sa essere convincente anche nelle due
composizioni a tempo medio, peraltro articolate e complesse, come
l’ipnotica melodia di Basso Fondo e la scala sospesa di Il valore delle
differenze
, capaci di pagare un doveroso tributo a Wayne Shorter senza
per questo perdere in originalità .

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