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Max Manfredi (voce, chitarra classica), Fabrizio Ugas (chitarre, cori), Matteo Nahum
(chitarre, glockenspiel), Elisa Montaldo (piano, tastiere, voce), Daniele Pinceti (basso), Marco Frattini (batteria, percussioni).
Ospiti: Marco Spiccio (piano), Daniela Piras (flauti, cori), Nino Tubrimec (chitarra elettrica),
Federico Bagnasco (contrabbasso), Roberto Piga (violino), Loris Lombardo (vibrafono, percussioni) Viola, Francesco, Giosiana Ugas, Nives Agostinis (cori), Edmondo Romano (clarinetto), Stefano Cabrera (violoncello), Emiliano De Ferrari (baglama), Michela La Fauci (arpa), Gianluca Pitzalis (chitarra elettrica), Filippo Gambetta (organetto), Luca Pirondini (viola), Raffaele Ottonello (violoncello)
1) Intro Dremong; 2) Dremong; 3) Disgelo; 4) Diadema; 5) Notte; 6) Finisterre; 7) Rabat Girl;
8) Piogge; 9) Inutile; 10) Sangue di Drago; 11) Il negro; 12) Sestiere del molo; 13) Anni 70; 14) Castagne matte.
Registrazione, missaggio, masterizzazione ed editing, a Genova e Tolmezzo (Ud),
effettuati da Bruno Cimenti per Primigenia Produzioni; assistente di studio Nives Agostinis;
registrazioni addizionali di Matteo Nahum.
Fra l’estate del 2013 e gli inizi del 2014 Max Manfredi ha lavorato su un nuovo progetto
musicale, che ha poi dato vita a «Dremong», album uscito per Gutenberg a quasi sei anni di
distanza dal precedente, «Luna Persa» (2008, Ala Bianca), che aveva vinto nel 2009 la
Targa Tenco come miglior disco, questa volta fra i big, dopo che il suo primo lavoro,
«Le parole del gatto» (BMG Ariola), si era aggiudicato nel 1990 lo stesso premio ma come
miglior opera prima. Il nuovo progetto è stato curato da Primigenia Produzioni, con Manfredi
e Fabrizio Ugas quali produttori artistici, e si avvale della collaborazione, fra gli altri, di
musicisti come Matteo Nahum, Elisa Montaldo, Marco Spiccio. Sempre Ugas ha curato gli
arrangiamenti, le chitarre e l’impostazione musicale generale, firmando insieme al leader
ben dieci delle tredici canzoni contenute nell’album.
Dremong, l'orso tibetano totem del disco, è un inquieto e inquietante essere dal carattere per
tradizione malvagio, che tende spesso ad alzarsi sulle zampe in posizione eretta, simile agli
Umani, tanto da aver dato origine, secondo alcuni, alla leggenda dello Yeti, l’Abominevole
Uomo delle Nevi. Un orso imprendibile che abita le altitudini e le solitudini himalayane,
e ogni tanto si mostra al consesso umano... Si rivela davvero molto bella ed efficace al
proposito l’immagine di copertina, opera creata per l’occasione da Ugo Nespolo.
In «Dremong» l’inquietudine è musa ispiratrice di tredici canzoni senza tempo. I suoni delle
tastiere vintage si sposano con quelli delle chitarre classica ed elettrica, i suoni di strumenti
tradizionali come il glockenspiel, gli orientali gu–qin e go–zen, i flauti e il violino, con quelli
della batteria, delle percussioni e del basso fretless. Siamo infatti in presenza di un album
trasversale, progressive solo nei timbri, nostalgico della world–music europea, affamato di
accenni rock.
Se il nuovo disco del cantautore genovese è solo il sesto in una carriera vicina ormai al
quarto di secolo, ciò è dovuto sia alla cura quasi maniacale che viene riposta in ogni nuovo
lavoro, sia alla sua poliedrica attività , che va dalle molteplici collaborazioni con altri gruppi e
musicisti alle fortunate escursioni nei campi del teatro, della letteratura e della didattica.
Trasversale, difficile da etichettare, vagabondo dalla musica al teatro, dalla letteratura alla
didattica, Max Manfredi è un abilissimo artigiano di musica e parole. Sulla scena da oltre un
ventennio, racconta di viaggi, climi, città e metropoli, storie d’amore e di disincanto, prende a
schiaffi e carezze, evoca scene meridiane o crepuscolari. Poterlo ascoltare è, per chi già lo
conosce e lo ama, un'occasione preziosa. Per i semplici curiosi può diventare un incontro
fortunato, lampante e quindi necessario.
Canzoni struggenti, sarcastiche, visionarie, liriche, a volte persino goliardiche; dove le parole
sono musicali e la musica poetica: attraverso e oltre le categorie musicali. Difficile stilare una
graduatoria fra tredici splendidi brani, ma vogliamo ricordare almeno “Disgeloâ€, dominata
dalla nostalgia smaccata di un ritorno, che trova sfogo nell'improbabile ‘amore mio’ assente
cui si rivolge. Questo ‘amore mio’, apostrofe tanto vieta e abusata da poter ritornare vergine
e necessario, è il testimone della sua voglia di un rifugio, di un luogo dove riconoscersi e
tornare. O forse è solo l'esilio–asilo di un gioco di specchi. La tentazione di una quotidianitÃ
vissuta fra le maglie di una catastrofe, di una apocalissi annunciata, plausibile, ma mai
risolta. L’album è disponibile sia nel formato Cd che Lp (senza i brani 8 e 9).