Maurizio Brunod (electric and archtop guitars, live sampling, loop, effects).
1) Ayleristic (Garrison Fewell); 2) I remember Clifford (Benny Golson);
3) African scream; 4) Waltz per Dany (Aldo Mella); 5) Child’s smiles;
6) Dekadenz; 7) Tiresia; 8) Hypnotic sad loop; 9) 900.
Recorded, mixed and mastered in January and February 2017
at Home Studio, Vercelli, by Enrico Caruso.
Maurizio Brunod ha pubblicato il primo disco con Caligola una decina di anni or
sono, nel 2009. «Northern lights», così come il recentissimo «African Scream»,
era un album di sola chitarra, quindi fortemente introspettivo, specchio fedele
della sua personalità. Ma non era quello il primo lavoro solitario di uno dei più
chitarristi più duttili e prolifici della scena jazzistica italiana, balzato agli onori
delle cronache musicali, prima torinesi, poi nazionali, a metà degli anni ’80 come
componente del gruppo Enter Eller. In mezzo ai due dischi appena citati ve ne
sono altri cinque usciti con la nostra etichetta, in cui spesso Brunod è co–leader,
come nell’ultimo in ordine di tempo, «Nostalgia progressiva», realizzato in trio
con Boris Savoldelli e Giorgio Li Calzi. Della breve ma importante esperienza
con Garrison Fewell, interrotta purtroppo dalla prematura scomparsa del
chitarrista americano, rimane traccia nel brano che apre quest’ultimo lavoro,
l’onirica e suggestiva Ayleristic, che nell’album del duo Brunod–Fewell,
«Unbroken circuit» (2015), conta ben due versioni. Proprio da quest’esperienza
è nato probabilmente il desiderio di tornare a mettersi in gioco affrontando
ancora una volta la difficile e sfidante formula del solo. Qui il Nostro arricchisce
la sua già ricca tavolozza musicale con l’elettronica, utilizzata però in modo
quasi artigianale, senza dover per questo mai snaturale il ruolo della chitarra.
Lo testimoniano brillantemente sia la riuscita versione di un arcinoto standard
come I remember Clifford, che il sognante e meditativo brano originale che dà il
titolo al disco, forte di una melodia dolcemente ipnotica e di un uso semplice
quanto efficace di alcuni loop. Si potrebbe forse parlare con maggiore
pertinenza in questo caso di musica “elettro–acustica”. Ma di questo coraggioso,
originale e sincero «African Scream» ci piace ricordare ancora il country
–western onirico e sognante di Child’s smiles, il vibrato caldo ed avvolgente di
Dekadenz, la colemaniana e nostalgica Tiresia, così come l’ostinato arpeggio di
Hypnotic sad loop, che sicuramente ha qualcosa a che vedere con le sue
giovanili passioni “prog”, ed in particolare con i King Crimson.