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Massimo Donà (trumpet, flute, Rhodes), Carlo Invernizzi (voice),
Mauro Ottolini (trombone) out on 6, Michele Polga (tenor and soprano sax) out on 4/8/10,
Stefano Olivato (bass) out on 4/8/10, Davide Ragazzoni (drums, percussion).
Guests: Pasquale Mirra (vibes) on 5/6, Paolo Damiani (cello) on 4,
Francesco Bearzatti (tenor sax), Lele Rodighiero (keyboards),
Nicola Sorato (bass), Bebo Baldan (synth) and Max Ambassador (vocals) on 10.
Frammentità Suite (from 1 to 8): 1) Secretizie lucinanti;
2) S'abbatte il vento sui collivi; 3) Nel vortice senza fine; 4) In annichilo;
5) Dove sorge il canto; 6) Turbolenze torrentizie; 7) Picchiluce;
8) L'usto inesausto del niente; 9) Pitù; 10) L'erta sempre nuda.All compositions by Massimo Donà ; lyrics by Carlo Invernizzi.
Recorded between 2019 and 2020 at Blue Train's Recording Studio, Mira (Venezia),
by Antonio Morgante and Giorgio Spolaor; mixed in Fall 2021 by Antonio Morgante.
Ultimo episodio di un trittico iniziato nel 2020 con «Iperboliche distanze» (voce recitante di David Riondino e testi di Andrea Emo), proseguito nel 2021 con «Magister Puck», divertissement che gira intorno alla “forma canzone”, «Frammentità» sembra dei tre l’album più convintamente jazzistico. Al trio di Massimo Donà, completato da Michele Polga e Davide Ragazzoni, che nel 2016 aveva registrato «Il Santo che vola», si sono aggiunti prima il basso di Stefano Olivato, ed ora il fantasioso eppur solido trombone di Mauro Ottolini. Anche in «Frammentità» la parola svolge un ruolo importante, tanto più se è quella di Carlo Invernizzi, uno dei grandi poeti italiani del ‘900. Donà conosceva bene il letterato milanese, ed ha avuto la brillante idea di registrarlo prima che nel 2018 ci lasciasse. Ha quindi deciso, a distanza di tre anni, di aggiungere a quella lettura così partecipata ed emozionante la sua musica. Un’operazione costruita a tavolino ma calzante e rispettosa, che non toglie ma anzi aggiunge valore alla poesia di Invernizzi, al suo geniale tentativo di de–costruire e di rinnovare il significato delle parole, operazione analoga a quella compiuta negli anni ’60 dal free–jazz nei confronti della tradizione jazzistica. Il pensiero quindi è più rivolto a Roswell Rudd, Archie Shepp o Don Cherry che non alle mai nascoste ascendenze davisiane del trombettista veneziano. Tutto appare ancor più chiaro nell’unico brano che lascia parlare soltanto la musica, Pitù, lirico e nostalgico allo stesso tempo. Viene anche ripescata una vecchia registrazione del gruppo di Donà con Francesco Bearzatti, che fa da sfondo alla poesia finale, L’erta sempre nuda, mentre nelle precedenti tracce si ascoltano, tra i vari ospiti, Pasquale Mirra, vibrafono, e Paolo Damiani, violoncello. Un disco da ascoltare ma anche, perché no, da leggere con attenzione (tutte le poesie sono contenute nel booklet).