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Massimo De Mattia (piccolo, flute, alto flute, bass flute),
Giorgio Pacorig (Fender Rhodes, Korg MS20),
Zlatko Kaučič (drums, percussion, electronics),
Luigi Vitale (vibes, balafon, electronics) on tracks 1/2/3/4.
1) Ordos; 2) Cafarnaon; 3) Riot; 4) Unhomed;
5) Complex-City; 6) Beyond the Anthropocene.
Live recorded on 10th September 2018 at Klub Gromka, Ljubljana,
by Iztok Zupan (tunes 1/2/3/4), and on 26th July 2018 at Revine Lago (Treviso)
by Michele Minniti (tunes 5/6); mixed and mastered in January 2019,
at Imputlevel Studios, San Biagio di Callalta (Treviso), by Claudio Zambenedetti.
Il quinto disco Caligola di Massimo De Mattia, da tempo fra i più stimati
protagonisti dell'avanguardia jazzistica italiana, proviene, come i due
precedenti, da esibizioni "live". Proprio il concerto, più che lo studio di
registrazione, sembra oggi in grado di rappresentare meglio tutta la
forza e il dinamismo di una musica che ha nell'improvvisazione e
nell'interplay i suoi punti di forza. Il gruppo del flautista friulano
(Suonomadre) è ancora quello di «Ethnoshock!», registrato nel 2017 a
Udine, ma i concerti da cui sono tratte le sei tracce di «Riot» sono due,
mancando in quello italiano il brillante vibrafono di Luigi Vitale, qui
anche al balafon ed all'elettronica. Il filo conduttore della musica è però
sempre lo stesso, a tal punto che i brani, ascoltati uno dopo l'altro,
sembrano parti di un'unica suite. Il senso di grande omogeneità e
coerenza del disco viene ancor più messo in risalto dal booklet che lo
contiene, post-apocalittico sia nelle belle illustrazioni in bianco e nero di
Romeo Toffanetti, che nella breve storia raccontata da Stefano Raspa.
Anche gli altri due compagni di viaggio di questa nuova affascinante
avventura, Giorgio Pacorig, tastiere, e Zlatko Kaučič, batteria ed
elettronica, che con autorevolezza detta le trame di Cafarnaon,
dimostrano di trovarsi perfettamente a loro agio con De Mattia,
straordinario il suo flauto soprattutto in Complex-City è uno dei più
importanti ed intransigenti improvvisatori del nostro paese. Nemmeno
quando il quartetto diventa trio l'energia sembra scemare; anzi nelle
ultime due tracce l'elettronica diventa essa stessa strumento, non solo
tappeto sonoro (Beyond the Anthropocene), e le strutture musicali
appaiono, se possibile, ancora più aperte. E' un viaggio suggestivo
quello proposto da «Riot» che, seppur non scevro da passaggi
spigolosi, va affrontato senza remore e preclusioni, lasciandosi
trasportare dalla musica.