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Marco Strano (sax tenore, alto, soprano e flauto),
Alessandro Mozzi (pianoforte), Franco Lion (contrabbasso), Paolo Balladore (batteria)
Ospite : Alessandro Magliarditi (organo hammond)
Quarta prova da leader di Marco Strano, ma prima in assoluto per la nostra etichetta, «Silver
and black» parte subito con un avvincente brano modale (vicino al Gato Barbieri più
coltraniano), Nightmare, che segna in modo profondo tutta la musica dell’album. Eccellente
prova di maturità del sassofonista padovano, che gli appassionati avevano cominciato a
conoscere nel 1995 come componente del Sax Appeal Quartet («Giotto», Soul Note), ma che
poi ha intrapreso una propria strada, alla ricerca di una dimensione artistica più autonoma e
personale. Se le influenze di Michael Brecker, nella cantabile For a friend, e di Bob Berg, cui
viene dedicata la dolcissima Goodbye Bob, si fanno sentire quando imbraccia il tenore, Strano
appare molto originale anche al soprano, si ascolti al proposito lo struggente tema di A new life,
ma anche la delicata Something tells me, ma dimostra di sapersela cavare molto bene anche al
contralto ed al flauto. Unico brano, dei dodici presenti nell’album, che non porta la firma del
leader, è l’avvincente La mela di Odessa, che ai non più giovani non potrà non riportare alla
mente il leggendario gruppo degli Area, di cui rappresenta uno dei “frutti†più maturi, ripresa da
Strano con notevole gusto e ricondotta, senza snaturarne l’originale dinamica, alla propria
personale cifra stilistica. Qui, come in altri quattro brani, aggiunge calore al già rotondo e
compatto sound del quartetto l’organo hammond di Magliarditi, che affianca, senza ostacolarne
le trame, l’originale pianoforte di Mozzi, che sa passare con disinvoltura dall’incipit tyneriano dei
brani ritmicamente più movimentati ad un tocco più morbido, quasi evansiano, capace di
esaltare il lirismo passionale, che la controllata e sublime tecnica strumentale non riesce a
mascherare fino in fondo, del leader. Si ascolti al proposito una ballad dolce e melanconica
come Paola, anche questa affrontata con il soprano, così come il successivo tema shorteriano
di Secret Language, sorta di giocoso contraltare alla struggente passionalità del brano
precedente. La stessa festosa atmosfera pervade anche il tema finale di Street game, pescato
da una tavolozza che ha già riempito il nostro quadro con colori caldi e brillanti, per regalarci un
“frutto musicale†cui non è certamente estranea l’altra, e non secondaria, passione di Marco
Strano, il quale, per chi non lo sapesse, è anche un eccellente ed apprezzato pittore.