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Marco Castelli (tenor and soprano sax),
Matteo Alfonso (Hammond organ), Marco Vattovani (drums, percussion).
1) Space Age; 2) Good Weather; 3) Zanzibar; 4) Morrò, ma prima in grazia (G. Verdi);
5) Tu vuò fa l’americano (R. Carosone); 6) Bandando; 7) Farvuoto;
8) African Marketplace (A. Ibrahim); 9) In a Sentimental Mood (D. Ellington).
Recorded and mixed at Bunker Studio, Trieste, between 2020 and 2021,
by Marco Vattovani; mastered in Trieste by Nicola Ardessi in Summer 2021.
Marco Castelli, in questo suo ventesimo album da leader (terzo per Caligola), si presenta alla testa di un classico trio con organo Hammond, una formazione che, seppur abbastanza comune nel jazz moderno, appare in questo caso decisamente originale e innovativa: è stata infatti denominata New Organ Trio. Qui il jazz di Castelli, intriso di aromi speziati, che vanno dallo ska al reggae, dall’afro–jazz al latin, non esita a utilizzare, quando serve, anche l’elettronica. Un mix suggestivo che rende la musica del sassofonista veneziano ancora più energica e coinvolgente, senza farle perdere per questo la consueta eleganza. Un’energia contagiosa che ci travolge sin da Space Age, esplosivo brano d’apertura che dà il titolo al disco. Nello stesso sono contenute sia composizioni del leader – alcune presenti in precedenti incisioni, come Zanzibar e Bandando – che di altri autori, peraltro molto diversi fra loro. Si passa infatti da Duke Ellington e Abdullah Ibrahim al messicano Armando Manzanero, per giungere ai nostri Renato Carosone e Giuseppe Verdi, di cui viene proposta l’aria di Morrò, ma prima in grazia, tratta dall’opera “Un ballo in maschera”, arrangiata in stile reggae. Marco Castelli, il cui profondo tenore è fra i pochi oggi a ricordarci quello ruggente di Gato Barbieri, viene supportato nel migliore dei modi da due partner più giovani ma già personali come Matteo Alfonso, anche lui veneziano – il cui talento di organista ci era sconosciuto – e il triestino Marco Vattovani, dal drumming incalzante e preciso, decisamente a suo agio in questo gruppo privo del basso. L’album è stato registrato durante la pandemia, in gran parte a distanza quindi, ma la coesione e l’interplay messi in mostra dal trio non lo farebbero pensare. Scrive il leader nelle note di copertina che “in fondo è sempre l'era spaziale. Da Galileo a Salgari, dall'Apollo 11 a Perseverance, la pulsione ad immaginare od esplorare nella realtà altri luoghi è sempre stata un'esigenza...”. Lo stesso principio vale anche per la musica, e «Space Age» è qui puntualmente a dimostrarlo.