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Marcello Tonolo (piano), Marco Privato (double bass), Jimmy Weinstein (drums)
1) Out of this world; 2) When lights are low; 3) Crazeology;
4) Lazy afternoon; 5) Just one of those things; 6) Somewhere over the rainbow;
7) I’ve never been in love before; 8) Be my love.
Claudio Cojaniz sembra aver raggiunto una sorta di pace interiore,
anche se dentro di lui continua ad ardere il sacro fuoco della creazione
musicale. Dopo gli anni della ricerca, sospeso tra Bach e Cecil Taylor,
dopo essersi bagnato nelle acque del blues, aver incontrato Duke
Ellington ed aver intessuto uno stretto dialogo con “papà †Thelonious
Monk, conversazione in verità mai interrotta, Cojaniz ha forse trovato la
quadratura del cerchio. E’ riuscito a registrare, per la nostra etichetta,
quattro preziose gemme in cinque anni: il dolente canto di «War
orphans», in duo con Giancarlo Schiaffini, il lirico ed intenso piano–solo
di«Intermission riff», lo straripante torrente musicale di«Beat spirit»,
stavolta in duo con Francesco Bearzatti, ed infine le delizie orchestrali,
ricche come non mai di richiami all’Africa ed al blues, di questo
straordinario «Howl». La NION (Not In Our Name) Orchestra, formata
da nove musicisti, è stata registrata dal vivo nel giugno 2009
all’Auditorium del Candiani di Mestre. I brani scelti sono quindi stati
missati a Cavalicco da Stefano Amerio. Ma l’incisione non nasce a
caso. Tutto parte da una coppia di concerti tenuti l’estate prima
nell’ambito di un progetto, dedicato ai bambini vittime innocenti di tutte
le guerre nel mondo, realizzato dall’associazione Euritmica per il
Mittelfest. Sono riusciti talmente bene da convincere il solitario e
“testardo†pianista friulano a far di tutto per non far finire il progetto in
soffitta. L’invito è stato quindi raccolto da Udin&Jazz e Caligola: due
giorni di prove ed altrettanti concerti son bastati per far nascere quello
che può essere considerato, senza esagerare, un piccolo capolavoro
del jazz orchestrale d’oggi. Ci vengono in aiuto le parole del critico
Mario Gamba. “Dove si trova, in Europa e, a questo punto, nel mondo,
un’orchestra jazz che abbia questa pienezza calda di suono, questa
pronuncia passionale, questa vitalità drammatica?…Non si trova.
Cojaniz l’ha riunita e l’ha forgiata intorno al suo punto di vista musicale e
culturale. Che corrisponde a quello che un tempo si chiamava impegno;
senza alcuna pesantezza didascalica, allacciandosi ad esperienze tipo
Liberation Music Orchestra…â€. I musicisti suonano tutti al meglio, ma
sono davvero splendidi alcuni interventi di Bearzatti e Schiaffini, così
come di Cuong Vu.