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Irio De Paula (chitarra classica), Roberto De Paula (chitarra classica)
Aveva tre anni Roberto quando suo padre, allora in tour con la cantante Elsa Soares,
decise di fermarsi in Italia, intraprendendo così una carriera di solista che gli avrebbe dato
molte soddisfazioni. Dal 1970 la sua chitarra si è avventurata lungo le strade del jazz,
accompagnando Gato Barbieri, Steve Grossman, Sal Nistico, ma ha anche scavato, da sola
od alla testa di piccoli gruppi, i per lui più collaudati sentieri della musica popolare brasiliana.
La stabile residenza italiana gli ha quindi consentito di frequentare i nostri migliori jazzisti,
venendo rispettato da tutti per la sempre lucida creatività e per un quasi naturale, mai
debordante virtuosismo. Sono molte le testimonianze discografiche del suo originale talento,
decine e decine di dischi pubblicati per lo più dalla Philology di Paolo Piangiarelli, uno dei suoi
maggiori estimatori. In queste incisioni viene privilegiato il jazz–samba, genere che egli ama
sviluppare alla testa di trii o quartetti, utilizzando per lo più la chitarra elettrica. Quando ci è
capitato fra le mani questo nastro registrato da Irio con il figlio Roberto nel 2000 a Rjo de
Janeiro, abbiamo avuto subito la sensazione di ascoltare qualcosa di speciale, un’incisione
simile a quelle, peraltro non frequenti, effettuate in solitudine con lo strumento acustico, ma allo
stesso tempo diversa. Sarà forse per la presenza di un’altra chitarra, anche questa
rigorosamente classica, sarà forse che questa era suonata dal figlio Roberto, che non
incontrava da oltre un anno, o forse che si trovava nella città che l’ha visto nascere, ma la
chitarra di Irio sembra qui più agile e calda che mai, a tratti incontenibile. Roberto, che aveva
suonato il basso nei gruppi del padre all’inizio degli anni ’90, dimostra d’aver raggiunto
un’originale cifra stilistica anche come chitarrista, per nulla intimorito dalla presenza di un padre
così autorevole e famoso, non solo fornendo un prezioso contrappunto ai suoi pirotecnici voli
solistici, ma prendendo a sua volta l’iniziativa. Chi lo aveva già apprezzato nel disco «Retratto
do Rio», lo ritroverà qui musicista ancor più maturo e completo. All’interno del repertorio scelto
per quest’incisione, invero originale, viene eseguito per la prima volta un nuovo brano di Irio,
Bate-papo, parola che non ha un equivalente nella nostra lingua ma che in Brasile sintetizza la
spontaneità ed il gusto d’incontrare gente. Diceva Vinicius De Moraes che “la vita è l’arte
dell’incontro”, bate–papo appunto…Incontro fra due chitarre (dois violoes), incontro fra padre e
figlio: miglior titolo a quest’album non poteva esser trovato.