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Maurizio Scomparin (trumpet), Giuliano Perin (vibes),
Marcello Tonolo (piano), Luciano Milanese (double bass), Massimo Chiarella (drums).
Special guest: Neil Leonard (alto & soprano sax).
1) Blue velvet; 2) Into the vibes; 3) Spring colours;
4) Sweet love of mine; 5) Paul’s cause; 6) I remember Palladio;
7) I can’t let Maggie go; 8) Something for us; 9) Scratchin’ cats;
10) Massima cubatura.
Il sestetto di Giuliano Perin rimane, in questo suo quarto disco Caligola,
perfettamente eguale a quello del precedente, «Passion & reason».
Ma la formazione del vibrafonista padovano ha le sue radici
in «Flexibility», il suo secondo album da leader, pubblicato nel 2005,
in cui mette definitivamente a fuoco una concezione musicale che
predilige un jazz fresco e moderno, ma saldamente radicato nella
tradizione boppistica.
Poco importa che la musica si orienti verso un incalzante hard–bop
(è il caso del brano d’apertura, Blue velvet di Luciano Milanese), oppure
verso un cool più morbido e suadente. In quest’ambito stilistico la
compattezza e l’elasticità della sezione ritmica risultano fondamentali.
Sono i tre ritmi, insieme al vibrafono del leader, ad orientare, ancor più
dei fiati, la direzione musicale della band. La continuità ed il lavoro
collettivo, che alla lunga pagano sempre, danno in questo caso frutti
dolci e succosi. Il gusto riscopre così aromi già noti, piacevoli richiami
alle precedenti incisioni, a partire da Into the vibes, composizione di
Perin che dava il titolo alla sua prima incisione. C’è anche qui l’omaggio
ad un maestro del vibrafono, Teddy Charles, di cui viene proposta
l’avvincente Paul’s cause. Confermano le loro qualità tutti gli altri
componenti del gruppo, Neil Leonard, Maurizio Scomparin e Marcello
Tonolo, che firma con il suo stile inconfondibile la deliziosa Spring
colours. Il vibrafonista tenta ancora di esorcizzare l’alienazione prodotta
dai rumori della vita quotidiana. Se In tangenziale, brano di «Passion &
reason»,la musica combatteva contro il rumore del traffico di una
tangenziale di città, qui è il trapano di un cantiere a fare da sottofondo al
pezzo finale, Massima cubatura, quasi in contrasto con le armoniose
architetture palladiane evocate da titolo e copertina. Vi è ancora un
richiamo, anche questo consueto per Perin, alla musica leggera,
che viene reinterpretata in modo sempre personale e raffinato.
Dopo gli omaggi alla canzone italiana degli album precedenti,
«I remember Palladio» pesca dal rock anglosassone, offrendo una
swingante rilettura di I can’t let Maggie go, degli Honeybus, nota in Italia
per la bella versione incisa dall’Equipe 84 con il titolo di Un angelo blu.