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Federica Santi (voce, percussioni, vocoder), Riccardo Chiarion (chitarra elettrica),
Nicola Bottos (pianoforte, Fender Rhodes), Yuri Goloubev (contrabbasso), Luca Colussi (batteria).
Ospite: Marcello Tonolo (pianoforte)
Non è mai semplice per un musicista, in generale, il primo disco da leader; tanto più può quindi
esserlo per una cantante che compie il “grande passo” a soli ventisette anni, e che al jazz si è
avvicinata da meno di un decennio. Nata a New York nel 1980 ma cresciuta a Gorizia,
Federica Santi ha avuto in Glauco Venier un insegnante esemplare, il che è già un bell’iniziare.
S’è quindi iscritta al triennio del Dipartimento Jazz del Conservatorio di Trieste, diretto dallo
stesso Venier – che la utilizza fra l’altro come vocalist nel suo progetto dedicato a Frank Zappa
– e qui si è poi diplomata con Marcello Tonolo. Se il buongiorno si vede dal mattino, ecco che
questo «Decantando» getta le premesse per una carriera lunga e luminosa, che riserverà alla
vocalist friulana, ora trasferitasi in provincia di Treviso, non poche soddisfazioni. E’ partita con
coraggio Federica, con una band sufficientemente duttile ed album fatto per 8/10 di
composizioni originali. Le due uniche concessioni alla tradizione avvengono sotto il segno di
Monk, ed anche questo per una cantante è un gran bel segnale, forte, di chi non concede
sconti e mira subito, diritto, alla meta. Se si eccettuano quindi le due riletture monkiane –
un’Ask me now eseguita in duo con il “maestro” Marcello Tonolo, ed una suggestiva Monk’s
dream che la vede all’opera con l’intero quintetto – siamo in presenza di brani originali, che
rivelano le diverse influenze della cantante, davvero brava nel fare di questa eterogeneità uno
dei suoi punti di forza. Una lode di merito va ai quattro splendidi musicisti che l’accompagnano:
Nicola Bottos, Riccardo Chiarion, Yuri Goloubev e Luca Colussi, giovani ma già noti agli
appassionati italiani. I fantasmi di Joe Zawinul (Ipnosi, dove viene usato brillantemente anche il
vocoder), Pat Metheny (Decantando, brano che dà il titolo all’album) e Bobby McFerrin, cui
viene dedicata la suggestiva Thanks medicine man (in cui Federica fa tutto da sola, utilizzando
la tecnica della sovraincisione), non le impediscono di dispiegare le sue notevoli doti vocali. Ma
non sono da meno, a nostro parere, l’iniziale ed incalzante At nightfall, la shorteriana
Sandstorm, che in qualche modo ricorda anche Joni Mitchell, o la più raffinata Astro, dove la
voce mette in mostra tonalità più scure e profonde, che la avvicinano ad un’icona come
Carmen McRae. Vero e proprio album progettuale – ma al cui interno ogni brano è una gemma
tutta da scoprire – «Decantando» aggiunge una nuova perla alla già ricca collana della vocalità
jazzistica del nostro paese.