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Domenico Caliri (acoustic and electric guitars), Antonio Borghini (double bass), Cristiano Calcagnile (drums, percussion).
The Quartet : Erica Scherl (violin), Maria Vicentini (violin), Paolo Botti (viola), Francesco Guerri (cello)
1) Nero; 2) Berah; 3) Rue St.Denis; 4) Vita a molla;
5) L’essenza della memoria; 6) Forward; 7) Melosemera;
8) Scripta manent; 9) Giovannino Mezzotango 10) Sarabande
Cal Trio sta a Violongeria come, nella classica il quartetto d’archi sta
all’orchestra sinfonica, fatte le debite proporzioni naturalmente. Se Cal Trio
ci aveva regalato con «Do ut do» (Caligola 2064) un jazz nervoso e
passionale, qui Domenico Caliri dispiega tutto il suo variegato e
immaginifico mondo espressivo, fatto di squarci di luce ma anche di angoli
bui, di armonie tortuose e melodie suadenti, ritmi complessi ed incalzanti,
rivendicando fortemente la propria originale contemporaneità. Scrive nelle
note di copertina Gigi Sabelli: «Tra i pregi di Caliri, oltre al suo ben noto
talento, ci sono la parsimonia e la cura con cui si dedica da sempre ai
propri lavori. In effetti dopo la fine della sua esperienza nei Rava Electric
Five, che nei primi anni ‘90 gli avevano dato fama, il chitarrista, bolognese
d’adozione ma siciliano di nascita, ha centellinato le poche uscite
discografiche a proprio nome. Poche ma buone, perché sempre dominate
da un’attenzione alla composizione e al suo rapporto con l’improvvisazione
ma anche dallo sviluppo di un linguaggio personale. In questo senso
anche questo album è molto speciale. Si tratta dell’esordio discografico di
una formazione che ha già qualche anno, in cui Caliri, sempre alla guida
del suo ottimo Cal Trio, si trova circondato da una sezione d’archi…». Vera
e propria fusione, quella operata da Caliri, non scontro, in cui gli archi non
fanno che sottolineare, evidenziandone i tratti salienti, le atmosfere
proposte dal fantasioso leader, che qui si conferma anche compositore
assai originale. Suona tutte le chitarre Caliri, dall’elettrica alla classica alla
12 corde, confermando, se mai ce ne fosse bisogno, anche la sua perizia
tecnica. Ed ancora ci vengono incontro le parole di Sabelli: «…la musica
riscopre una rara capacità sincretica nell’avvicinare momenti di
straordinaria libertà collettiva, spazi prettamente jazzistici, echi
popolareschi, una “narrazione” vagamente cinematografica e la perfetta
dicotomia suono-rumore messa in scena dalla solida coppia Borghini
-Calcagnile…». Come non mettere in rilievo infine lo splendido lavoro
grafico di Giorgio Finamore. Figure grottesche, di un espressionismo quasi
“felliniano” ed un disegno maturo, originale, che si sposa con sorprendente
naturalezza al “fantasmagorico” mondo musicale di Domenico Caliri.