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Daniele Di Bonaventura (piano, bandoneon), Renato Švorinić (acoustic bass), Jadran “Čićo” Dučić (drums).
1) Al di là del mare; 2) I fall in love too easily; 3) Samnom;
4) Terra; 5) Jute san se zajubi;6) Parlami d’amore; 7) Levante;
8) You don’t know what love is;9) Zelenu granu s tugom žuta voća.
L’ idea dei “ponti culturali” continua ad affascinare quanti si occupano di
espressioni artistiche, in modo particolare gli operatori che si muovono
nell’ambito del jazz. Questo disco rappresenta un traguardo importante,
uno dei rari esempi di incontro tra protagonisti dei fermenti che animano
le due sponde dell’ Adriatico, il prodotto di un’avventura musical
–culturale tra solisti italiani e croati, impegnati nei continui spostamenti
dei tasselli di un puzzle fatto di cultura popolare e di sonorità che
accarezzano il filone afroamericano. Leader del trio é Daniele Di
Bonaventura, nato a Fermo, nelle Marche, che ha coltivato sin da
adolescente un forte interesse per la musica improvvisata, pur venendo
da una formazione musicale di estrazione classica, culminata con il
diploma in composizione. Impegnato più spesso in collaborazioni
esterne – l’ultima, e forse più importante, è quella con Miroslav Vitous –
che non in qualità di leader, Di Bonaventura, classe 1966, è a torto più
noto come virtuoso del bandoneon che non come pianista. Ed invece,
proprio con il Black Coffee si rivela pienamente il suo non comune
talento pianistico, sottile e discreto, che trova piena realizzazione in un
lirismo intenso ma asciutto, mai ridondante. Non è un caso che il Nostro
suoni il pianoforte in cinque dei nove brani che compongono l’album. L’
intesa fra i tre musicisti é stata subito immediata: lo si può constatare
nei passaggi più coinvolgenti di questo lavoro, che si inserisce
brillantemente nella sparuta lista dei progetti italo–croati immersi nella
rilettura delle radici di terre più e meno conosciute. Con questo disco,
dominato da grande lirismo e freschezza compositiva, il credo musicale
del trio, di recente e spontanea costituzione, viene sviluppato attraverso
territori noti (I fall in love too easily, You don’t know what love is), temi
tratti dal songbook italiano (Parlami d’ amore) e composizioni originali.
Un altro responsabile del progetto, quasi quanto Di Bonaventura, è il
bassista croato Renato Švorinić, attivo da anni in un gioco a incastro tra
il jazz e musica etnica. Toccanti quanto essenziali risultano i suoi
arrangiamenti di Jute san se zajubi e Zelenu granu s tugom žuta voća,
veri e propri standard della tradizione dalmata.