Quantita' | Prezzo per unità | Sconto |
2 articoli | € 11.00 | 8% di sconto |
4 articoli | € 10.33 | 14% di sconto |
11 articoli | € 9.00 | 25% di sconto |
21 articoli | € 8.50 | 29% di sconto |
31 articoli | € 8.00 | 33% di sconto |
Cristiano Angelini (voce), Matteo Nahum (chitarre), Marco Spiccio (pianoforte),
Federico Bagnasco (contrabbasso), Daviano Rotella (batteria).
Ospiti: Franco Piccolo (fisarmonica), Stefano Cabrera (violoncello), Roberto Izzo (violino),
Edmondo Romano (cornamusa, sax soprano), Gianluca Nicolini (flauto),
Vladimiro Cainero (corno francese), Vittorio De Scalzi, Max Manfredi, Nives Agostinis (voce)
1) Il profumo del canto; 2) L’aroma del caffè; 3) La juta di Klaus; 4) La polvere dei guai;
5) La conta dei passi; 6) La liberté; 7) L’iscariota; 8) Aisha la maga; 9) L’ombra della mosca;
10) Il baro; 11) Stagioni; 12) Le Capitaine Lucien (ghost track).
Registrato a Genova e Prato Carnico (Ud), novembre 2009/marzo 2010, da Bruno Cimenti
Se volete sapere quale può esser una delle possibili direzioni della canzone
d’autore italiana, ascoltate «L’ombra della mosca», disco raffinato e intenso,
testimonianza della vitalità di una scuola, quella genovese, che parte da
Fabrizio De André ed arriva a Max Manfredi. Spiccano l’intelligenza dei
testi, la ricercatezza delle musiche, la varietà etimologica ed etnologica del
fare canzoni. Cristiano Angelini non è un ragazzino, sono anni che bazzica
nel mondo del cantautorato genovese, facendo nel frattempo il neurobiologo
(sua principale attività lavorativa), ma solo ora, superata la soglia dei
quaranta, arriva a pubblicare un disco, non a caso già sorprendentemente
maturo. Siamo quindi in presenza di un album d’esordio a dir poco atipico,
dopo vent’anni passati sulle scene, con esperienze che vanno dagli inizi etno
–rock alla traduzione di brani inediti di George Brassens. E’ un disco ben
strutturato, con arrangiamenti che sanno assecondare i ritmi della parola,
sfruttando le inflessioni quasi umane del violoncello e le atmosfere
crepuscolari della fisarmonica, ma anche gli inserti di cornamusa, flauto,
corno francese. Il pianoforte di Marco Spiccio e le chitarre di Matteo Nahum
fanno il resto, ossia danno vita e colore ai testi. «L’ombra della mosca» è
un’opera che si caratterizza soprattutto per una scrittura densa, sempre ben
organizzata. Come per un buon vino rosso, bisogna far decantare l’ascolto,
saper aspettare e gustare, sino in fondo. Il mondo di Angelini è un continuo
alternarsi di ombre e di luci, di figure retoriche e giochi di suoni, e i suoi
personaggi vivono al confine del reale, mostrando di sé i lati più oscuri. È il
caso di un Babbo Natale che decide di scendere dal suo carro volante in La
Juta di Klaus, o di Giuda che accetta il ruolo di traditore per il troppo amore
che lo lega a Cristo, in L’iscariota, una delle canzoni più riuscite, o di Aisha
la maga. Il viandante di La polvere dei guai, per esempio, si confonde in un
gioco di specchi con chi resta a vederlo andare via, mentre si incrociano
lungo le strofe le voci di Angelini e Vittorio De Scalzi. L’impressione è quella
di essere finiti in una locanda dei destini incrociati, seduti ad un tavolo ad
ascoltare parole e suoni che vengono da lontano e che per questo non si
lasciano cogliere al volo. Ma al tempo stesso i versi nascondono
illuminazioni sorprendenti, come nel brano che dà il titolo all’album, e che si
arricchisce del timbro profondo della voce di Max Manfredi. O come per
l’unica cover presente, la deliziosa La libertè, omaggio allo spezzino Franco
Fanigliulo, tragicamente scomparso e troppo presto dimenticato, che la
cantava una trentina d’anni fa. Infine, come per tutte le bottiglie che si
rispettino, una piccola sorpresa: una dodicesima traccia fantasma, “ghost
track” che naturalmente non compare nelle informazioni in copertina, Le
capitaine Lucien, dedicata a Luciano Barbieri, animatore dell’Infermeria del
Premio Tenco. Il brano è cantato con la partecipazione di almeno sei
cantautori e musicisti genovesi: il gioco è cercare di riconoscerli, senza che il
libretto ne faccia alcuna menzione. Ha così parlato in un’intervista di
Genova, città in cui vive da tempo, Cristiano Angelini: “La musica genovese
è sempre in fermento… Vivere Genova è diverso di vivere a Genova. In questa
città respiri la canzone, gli autori sono i paesaggi umani con cui hai a che
fare tutti i giorni ed impari che non è facile spiegare quello che senti e lo fai
nel modo che ritieni più opportuno. Non so se si possa parlare di scuola, ma
so che qui esiste un modo ed un mondo che non c’è in altre città. La
tradizione della canzone d’autore a Genova è autorevole, ma l’intensità credo
che sia legata alle frequentazioni ed alle ambientazioni che questa città offre
quotidianamente …”. Il cantautore spezzino parla quindi dei suoi primi
passi: “…Ho iniziato a scrivere canzoni a 15 anni. Mi piaceva il modo di
pensare jazz con l’anima del rock, ma rigorosamente in italiano. Erano gli
anni ’80, e tutti cantavano in inglese, perché la lingua era ritenuta più
musicale…. Non ho mai pensato fosse vero. Ho quindi cercato i suoni della
lingua italiana, quelli giusti per quella musica. E sono venuti. Poi l’incontro
con la canzone d’autore, che ha accompagnato la mia vita da sempre. Un
modo nuovo di essere jazz. Non di fare jazz, ma di esserlo…”. Sulla qualità
del lavoro avevamo visto giusto, se è vero che il disco di Angelini ha vinto il
Premio Tenco 2011 come miglior opera prima.