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Claudio Lodati (electric guitar, electronics),
Maurizio Brunod (acoustic & classical guitars).
1) Strings dreams; 2) Reunion; 3) Neve; 4) Mojito; 5) Scintille;
6) Leave me alone; 7) Anima; 8) In the jungle; 9) Agar;
10) Kittens games; 11) Urban squad.
Claudio Lodati, torinese, classe 1954, è diventato celebre per aver
fondato a metà degli anni ’70, insieme a Carlo Actis Dato, Enrico Fazio
e Fiorenzo Sordini, uno dei più longevi e prolifici gruppi dell’avanguardia
jazzistica italiana, l’Art Studio. Ma a cavallo fra gli anni ’80 e ’90 ha
anche realizzato due importanti progetti tematici con formazione
variabile, Dac’corda e Vocal Desires, cui hanno collaborato, fra gli altri,
Antonello Salis e Maria Pia De Vito, Giovanni Maier e Massimo
Barbiero, Laura Culver e Maurizio Brunod. Quest’ultimo, anche lui
chitarrista – anzi allievo di Lodati – nato ad Ivrea nel 1968, è oggi
sicuramente noto quanto il suo maestro. Partito dal progressive rock, e
molto attento sia alla world–music che alla musica classica, Brunod ha
poi focalizzato la sua attenzione soprattutto sul jazz, formando con
Massimo Barbiero, Giovanni Maier e Alberto Mandarini il quartetto Enter
Eller, formazione come l’Art Studio di Lodati fra le più originali ed
innovative del jazz d’avanguardia italiano.
La collaborazione tra Lodati e Brunod è iniziata da un bel po’ di anni, più
precisamente nella seconda metà degli anni ’80. Brunod d’altro canto
aveva suonato in tre dischi del gruppo di Lodati
Dac’corda, «Voci» (1988), «Chance» (1990) e «Corsari» (1991), ma il
rapporto si rafforza a partire dal 1994, quando i chitarristi piemontesi
registrano in duo il disco «Appesi al Filo», cui seguirà nel 1999 «Blue
Gulf Stream», arricchito quest’ultimo dalla presenza della cantante
francese Pascale Charreton. Brunod e Lodati hanno quindi suonato
insieme in centinaia di concerti, in Italia e all’estero, ottenendo sempre
grandi consensi di pubblico e di critica. Oggi, ad oltre dieci anni di
distanza, il duo è tornato nuovamente a far parlare di sé con un nuovo
progetto «Reunion», sia concertistico che discografico, quest’ultimo
pubblicato dalla nostra etichetta, che già aveva ospitato l’anno prima
Maurizio Brunod con il suo album solitario «Northern lights». Sapori
jazz, etnici, progressive si mescolano mirabilmente in un disco che è in
grado di regalarci sempre grandi emozioni, mirabilmente sospeso tra
scrittura e improvvisazione. Se chitarra elettrica e live electronics sono
ad esclusivo appannaggio di Lodati, Brunod utilizza invece soltanto
strumenti acustici. Altrettanto equa appare la suddivisione delle
responsabilità compositive, con una lieve prevalenza di Lodati ad onor
del vero; gli undici brani di «Reunion», suggestivi e raffinati, si fanno
ascoltare tutti d’un fiato, dall’inizio alla fine.