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Claudio Cojaniz (piano, lyrics), Francesco Bearzatti (tenor sax and clarinet), Lorenzo Acquaviva (voice).
1) Tanx; 2) Busy street; 3) Funeral X; 4) Black panther;
5) Electric woodoo; 6) Snap; 7) Sexy Brinjevec;
8) Blue dynamo in a starry night; 9) Bandoneon; 10) Habanera.
Entrambi friulani, Claudio Cojaniz, classe 1952, e Francesco Bearzatti,
1966, hanno storie umane e musicali molto diverse, pur essendo
accomunati da identici spirito libertario e furore espressivo. Se l’incontro
insomma era nell’aria, il risultato per nulla scontato: il sacro fuoco della
creatività poteva anche non sprigionarsi, e la scintilla spegnersi magari
in un batter d’occhio. Per nostra fortuna invece così non è stato: la
musica di «Beat Spirit» è qui a dimostrarlo, avvincente e suggestiva,
madida di sudore come un blues, pura come una preghiera. Sembra
utile qui citare le note di copertina, scritte dallo stesso Cojaniz: “In
questo nuovo lavoro la musica nasce dall’istant composer che in
Francesco e in me si è sviluppato, per vie originali e diverse, nel tempo.
Si è trattato di stabilire alcune zone comuni e attendere che il resto ci
venga rivelato. I testi scelti dal mio libro «Cobra 13» e letti con passione
da Lorenzo Acquaviva, danno l’avvio ai brani”. Ci troviano di fronte a
sette duetti mozzafiato, a due brevi soli di Bearzatti al clarino e ad
un’ipnotica coda finale di piano–solo, con Cojaniz impegnato a
sviluppare il tema di Habanera, una delle sue composizioni predilette.
I brani in duo rappresentano una sorta di viaggio verso l’inconscio, in cui
urla strozzate si alternano a impercettibili sussurri, fra l’incedere
sognante, quasi marziale di Funeral X e l’incalzante ritmo, condito da
veemente lirismo, di Busy Street, fra il free poetico e controllato di Black
Panther e la più frenetica, quasi tayloriana Sexy Brinjevec, fra la
suadente, quasi misteriosa Blue dynamo in a starry night e la
notturna Bandoneon, illuminata a tratti dal vibrante soffiato del
tenore. “Monk illumini le mie mani, Bach protegga la tastiera del mio
pianoforte. Il Blues, ombra materna, non mi abbandoni mai…”: suona
quasi come una preghiera questo passo del testo che introduce Electric
Woodo. Per chiudere ci vengono incontro ancora le accorate “liner
notes” di Cojaniz, il cui libro «Cobra 13», da cui sono tratti i testi
presenti nel disco, è stato pubblicato nel 2007 da Edizioni Kappa Vu di
Udine: “Non penso più ad altre terre da esplorare, ma a nuovi occhi con
cui guardare: voglio essere dentro le cose, non parlare delle cose”.
Sintesi efficace del suo attuale pensiero artistico–musicale che, pur
apparendo più pacato e riflessivo, non tradisce i principi e la coerenza
del tumultuoso passato.