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Maurizio Scomparin (trumpet), David Beltran Soto Chero ( guitars),
Edu Hebling (double bass), Bebo Best Baldan (drums, ghatam,
overtones).
1) Miles beat; 2) Fast and furious; 3) Shufflin’; 4) Don’ free;
5) Contemporary tango; 6) The forest; 7) Progressive jazz;
8) From 9/8 to fast; 9) Snapping the overtones; 10) Findin’ the Sixties beat;
11) Introducing; 12) Brazilian jazzin’; 13) Hermeto 5/8;
14) Bahia coloured; 15) Egberto; 16) Outducing.
Quasi quattro anni dopo «The Italian Jazz Art» (Caligola 2091), Bebo
Baldan si prende un’altra salutare vacanza dalla sua apprezzata attività
di produttore–multistrumentista (suona basso, tastiere, chitarra, live
electronics) nel campo della musica etnica, elettronica e lounge, dov’è
diventato celebre soprattutto con i progetti denominati “Tantra Tribe” e
“Super Lounge Orchestra”. Il Nostro torna quindi al jazz, ed al suo primo
strumento, la batteria. Non va però dimenticato che da tre anni a questa
parte il polistrumentista veneziano è componente stabile dei gruppi di
Massimo Donà, dove suona soprattutto basso elettrico e tastiere. Se nel
precedente disco paternità e leadership del progetto erano condivise
con il pianista Marco Ponchiroli, in questa sua rinnovata edizione il
gruppo sembra diventato l’ideale strumento espressivo della sensibilità
jazzistica di Bebo Baldan, che conferma la sua ammirazione per Miles
Davis, soprattutto quello di «In a silent way». I sedici episodi, suddivisi
in due parti, di «The Oslo sessions» mostrano una chiara linea
musicale, frutto di contaminazioni certamente – e non poteva essere
altrimenti – ma non per questo meno logica e coerente, a tal punto da
far apparire i brani come episodi di un’unica lunga suite. Baldan è ben
assecondato in questo dai suoi tre partner, che sono il giovane
chitarrista peruviano David Beltran Soto Chero, il contrabbasista
brasiliano Edu Hebling ed il come lui veneziano Maurizio Scomparin,
trombettista che sa adattarsi nel migliore dei modi alle più diverse
situazioni musicali. Nonostante sia molto improvvisata, la musica ha un
forte senso della composizione e della struttura, e testimonia la capacità
di ascolto dei quattro musicisti coinvolti. Le composizioni, pur
generalmente molto brevi, hanno sempre una gustosa storia da
raccontare; riescono a creare molte nuove aperture, spaziando dal
nuovo jazz newyorkese alla musica contemporanea, da Don Cherry a
Stockhausen, dal ritmo all’astrazione, con echi di Davis (Miles beat),
Coltrane, Mingus, ma anche di Frank Zappa e Tom Waits. Il tutto viene
mescolato con il tango, la musica brasiliana, i tempi dispari e sonorità
molto vicine all’ultimo Uri Caine. Il disco «The Oslo sessions» si
conferma quindi un cocktail davvero riuscito: provare per credere!