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Anthony Braxton (soprano, sopranino and alto sax, contrabass clarinet, live electronics),
Taylor Ho Bynum (cornet, flugelhorn, piccolo and bass trumpet, valve trombone),
Mary Halvorson (electric guitar), Katherine Young (basson).
1) Composition 367c; 2) Encore (Mestre).
La musica di Braxton è spesso stata descritta in termini di “democrazia
sonora”: i ruoli tradizionali del jazz – solista, accompagnatore, melodia,
accordi – sono stati sostituiti da dialoghi orizzontali, da una
partecipazione collettiva e da un uso aperto del materiale. Ma se questo
ci dice molto del metodo, non ci dice altrettanto del risultato, perché uno
degli aspetti più affascinanti della musica dell’ultimo Braxton è la nuova
trama timbrica prodotta dalle improvvisazioni dei suoi gruppi. Questo
“live” del Diamond Curtain Wall Quartet ne è uno straordinario esempio.
Già un buon concerto era stato registrato due giorni prima a Mosca,
pubblicato dall’inglese Leo Records, ma l’esibizione italiana
(1°/07/2008) sembra migliore. L’organico non ha riferimenti specifici ad
esempi jazz o di musica contemporanea, ma ciò che rende unica
questa musica è la fusione tra combinazione timbrica ed
improvvisazione, e quindi una sorta di tensione del colore. La scelta
degli strumentisti non è infatti legata a questioni di registro o di
complementarità timbrica, ma alla somma degli armonici, al colore
inedito che si ottiene sommando i vari strumenti nell’improvvisazione.
Questa tensione corporea del suono è modulata attraverso il dialogo tra
i solisti, e produce la forma musicale, che non si basa sulle opposizioni
tradizionali, ma sulle trasformazioni degli armonici – quindi del colore –
prodotte dal dialogo. Oltre al puro assaporare i suoni degli strumenti,
Braxton è interessato ad un nuovo modo di relazionarsi al tempo
musicale. Di solito quello dell’improvvisazione è un tempo aperto,
imprevedibile, che coincide con il flusso della vita e determinato dalla
volontà degli esecutori. Invece Braxton ha adottato una strategia di
controllo del tempo che, nella sua semplicità, è stata accolta con un
sorriso, senza fare un’adeguata riflessione. Nei concerti usa infatti una
clessidra della durata di circa un’ora. Esaurita la clessidra termina il set.
La libertà dei musicisti è totale, lo sviluppo della musica è imprevedibile,
ma il format temporale è rigidamente determinato. La responsabilità del
compositore si esercita soprattutto nella sfera del tempo. Partecipano a
questo dialogo improvvisatori più giovani di lui, ma lucidi ed attenti, che
si chiamano Mary Halvorson, chitarrista fra i più originali delle nuove
leve, il funambolico Taylor Ho Bynum, che suona un’ampia gamma di
ottoni (dal trombone alla cornetta) e Katherine Young, virtuosa del
fagotto, strumento davvero poco usato nel jazz.