Leo Genovese (piano, Fender Rhodes, synth), Andrea Lombardini (electric bass), Bob Gullotti (drums).
1) Big beat; 2) The morning suite; 3) Domenica mattina; 4) Coffee at work;
5) Slow Motian; 6) Token; 7) Medina; 8) Piccole variazioni
Jazzista come pochi altri “trasversale” (ha suonato recentemente anche
con il chitarrista rock–blues Tolo Marton) Andrea Lombardini, classe 1978,
nato a Venezia e ora residente a Treviso, ha sposato “totalmente” la causa
del basso elettrico, avendo come faro e nume tutelare quello che è da anni
il numero uno fra i bassisti elettrici del jazz, il geniale Steve Swallow.
Maestro con cui ha studiato e che lo ripaga oggi con la miglior moneta, che
è quella del palese e disinteressato apprezzamento, arrivando addirittura a
scrivere le note di copertina di questo «Alt88», cosa di cui la nostra
etichetta non può che andare fiera. Non sono parole formali né di maniera
quelle di Swallow che scrive fra l’altro: «…secondo la mia esperienza,
l’integrazione del basso elettrico in un classico trio jazz con piano e
batteria, è il test più difficile, quasi l’esame finale, ma non solo per il
bassista, anche per il pianista ed il batterista…Andrea, Leo e Bob lo
superano a pieni voti…».
Formatosi a Boston ed a Siena, Lombardini esordisce poco più che
ventenne con il quartetto Randomania, completato da Gianluca Petrella,
Roberto Cecchetto e U.T.Gandhi. ALT (Andrea Lombardini Trio), progetto
che lo vede impegnato come leader, è una band a formazione variabile
che esegue soltanto sue composizioni. Vi suonano, fra gli altri, Michele
Polga, Pietro Tonolo, Paolo Birro e Roberto Rossi. Con «Alt88», il progetto
compositivo di Lombardini tocca forse il suo punto più alto, visto che al
fianco del bassista veneto non vi sono dei musicisti qualsiasi, ma due
assoluti protagonisti della scena jazzistica americana contemporanea, il
pianista Leo Genovese – che il pubblico italiano ha avuto modo di
apprezzare recentemente a fianco dell’ormai sempre più celebre
Esperanza Spalding – ed il batterista Bob Gullotti, fondatore dei Fringe.
Il trio suona con invidiabile “interplay” e Genovese non é solo un
interessantissimo pianista acustico. Suona con grande gusto e personalità
sia il Fender Rhodes – esemplari a tal proposito The morning suite e
Medina – sia il sintetizzatore. Ma sono degne di nota anche l’avvincente
incedere di The big beat, la raffinata trama armonica di Slow Motian e
l’incalzante swing di Token, composizioni che portano tutte, alla pari delle
altre presenti nell’album, la firma del leader.