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Alberto Bettin (voce, pianoforte, Fender Rhodes, organo Hammond),
Alvise Forcellini (chitarre elettrica ed acustica, basso elettrico),
Salvatore Pinello (contrabbasso, basso elettrico),
Niccolò Romanin (batteria, percussioni, drum machine).
Ospiti: Silvia Regazzo (voce), Fulvio Silvestri (tromba), Otto Engelhardt (trombone),
Giovanni Masiero (sax tenore, clarinetto), Jacopo Giacomoni (sax alto),
Luca Piovesan (fisarmonica), XQuartet (Pia Pulkkinen e Sabina Bakholdina, violino,
Caterina Camozzi, viola, Elena Bordo, cello).
1) Quando va bene; 2) Famosi in famiglia; 3) Canzone debole; 4) L’italiano fiero;
5) La donna che sarei; 6) Nonostante; 7) Le luminarie; 8) Strade bianche;
9) Una scusa per pregare; 10) L’impossibile, l’imprevedibile; 11) Da un citofono in America.
Parole, musica ed arrangiamenti di Alberto Bettin. Registrato tra giugno 2015 ed ottobre 2016 da Mario Marcassa al Cat Sound Studio di Badia Polesine (Ro) e da Luca Piovesan al BlowOutStudio di Preganziol (Tv); missaggio, editing e mastering di Bruno Cimenti (Primigenia Produzioni).
Veneziano, classe 1980, Alberto Bettin compie regolari studi di pianoforte classico al Conservatorio Benedetto Marcello, diplomandosi con il massimo dei voti e frequenta successivamente la facoltà di Filosofia a Venezia. Dopo un fruttuoso soggiorno newyorkese, frutto di una borsa di studio, tornato a casa decide di approfondire lo studio del jazz, diplomandosi sotto la guida del pianista Paolo Birro al Dipartimento jazz del Conservatorio di Vicenza. E’ ancora protagonista di stimolanti esperienze nel campo dell’avanguardia e della musica improvvisata, ma dal 2013 decide di dedicarsi in modo sempre più intenso e continuo alla canzone d’autore, amore che sin da ragazzo aveva sempre coltivato, spesso segretamente. Fa così tesoro dei suoi autori di riferimento (su tutti Paolo Conte, Ivano Fossati, Lucio Dalla e Franco Battiato), senza dimenticare né gli studi di linguistica – è insegnante di italiano avanzato per stranieri, in un Istituto linguistico veneziano – né i suoi variegati interessi musicali, che vanno dalla classica al jazz, dalla canzone americana all’elettronica, cercando di elaborare un approccio personale alla parola in musica, con la complicità di un fedele nucleo di musicisti, ovvero il chitarrista Alvise Forcellini, il bassista Salvatore Pinello ed il percussionista Niccolò Romanin. Con loro costituisce un gruppo denominato “Gli Implacabili”, con cui è solito presentare al pubblico le canzoni scritte negli ultimi anni. Canzoni che grazie all’incontro, casuale ma quasi naturale, con la nostra etichetta, veneziana come lui, e con il tecnico del suono e produttore Bruno Cimenti, hanno costituito l’ossatura di questo suo esordio discografico, già maturo ed importante, che se non può certo lasciare indifferenti, potrebbe incuriosire sia gli appassionati della canzone d’autore che di jazz. Ci sono, all’interno del disco, una grande ambizione ed insieme un senso di gentile intimità con l’ascoltatore. L’ambizione di Bettin è stata quella di voler scrivere, arrangiare e produrre tutto in solitaria, anche se nulla sarebbe stato possibile senza la preziosa collaborazione e l’irrinunciabile consulenza di molti amici e colleghi musicisti. Ma a guidare il tutto è stata soprattutto l’ambizione di provare a trovare un proprio linguaggio, attraverso molti generi musicali, ma anche nonostante questi, senza preoccuparsi dell’omogeneità o della coerenza, e senza temere né la dispersione né il disorientamento. Molte delle canzoni sono nate dal testo, parole magari canticchiate sottovoce durante una passeggiata lungo la Fondamenta delle Zattere, seguendo la linea dei lampioni riflessi sul canale. Venezia scompare in queste storie come dietro le quinte di un teatro invisibile. O Venezia è forse soltanto un punto di osservazione, privilegiato ed un po’ distaccato, da cui ammirare, descrivere e criticare il mondo. Che è un mondo di chiacchiere, furberie ed oscenità (L’italiano fiero e Famosi in famiglia), ma anche di violenza brutale, perdono e rinascita (Le luminarie e Quando va bene). E’ allo stesso tempo un mondo interiore di crisi (Una scusa per pregare), di ostacoli e narcisismo (Nonostante), di infatuazioni e complicità con l’universo femminile (La donna che sarei). Ed infine, inesauribile, c’é il serbatoio della memoria, con le sue immagini fantasiose e le sue voci (Strade bianche e Da un citofono in America). La sovrabbondanza di ingredienti rende l’impasto insolitamente ricco di profumi e di richiami, quasi straniante. «L’impossibile l’imprevedibile» è insomma un disco che non cerca soluzioni scontate, ma che accompagna l’ascoltatore in un cammino talvolta stretto e tortuoso, attraverso svolte improvvise, quasi sempre impreviste. Ma che lo premia poi con aperture liriche ampie, estremamente cantabili e solari.