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Alan Farrington (voce), Sandro Gibellini (chitarra)
Ospiti: Jacopo Jacopetti (sax tenore), Richi Biancoli (batteria), Roby Soggetti (archi)
La profondità espressiva e la suadente nostalgia messe in campo in questo album da Alan
Farrington, trovano nella sublime chitarra di Sandro Gibellini un ideale controcanto.
L’essenzialità del progetto – un duo sulla carta sin troppo scarno, verrebbe da pensare – non
nuoce alla sua riuscita, anzi, l’affiatamento – o quello che gli americani chiamano “interplay” – e
la sensibilità dei suoi due protagonisti lo rendono a tratti magico. Farrington, inglese, classe
1951, ha attraversato, nella sua lunga e spesso tumultuosa carriera, diversi ambiti stilistici, dal
rock al rhythm’n ’blues, dal jazz tradizionale alla lounge music, passando anche per Frank
Sinatra. Da circa un decennio ha scelto quindi di vivere nella pace lacustre del Garda, dove ha
approfondito lo studio e la conoscenza della musica afroamericana. Mirabilmente assecondata
dalla sei corde di Gibellini – bresciano, classe 1957, chitarrista ormai “storico” del nostro jazz –
la sua voce sa entrare direttamente nella nostra anima, risvegliando i sentimenti e gli umori più
reconditi, ammaliandoci con tredici brani di rara bellezza. Insieme a pietre miliari della canzone
americana degli anni ’30 e ’40 (The way you look tonight, They can’t take away from me,
Anything but love, Anita), fase storica legata a compositori del calibro di George Gershwin,
Jerome Kern, Jimmy McHugh e Fats Waller, Farrington e Gibellini pescano dal loro cilindro
magico un trascinante boogie–woogie di Cab Calloway, Boog it, ma anche una toccante
rielaborazione di una celebre pop–song di Gilbert O’Sullivan, Alone again, che in questa
riuscita interpretazione acquisisce la bellezza di uno standard senza tempo. Si ascolti qui
l’assolo della chitarra, mirabile esempio di fantasia melodica, raffinatezza armonica e senso
dello swing, che la dicono lunga sulle qualità di Sandro Gibellini, fra i più apprezzati (dagli
addetti ai lavori) ed allo stesso tempo maggiormente sottovalutati (dal grande pubblico)
protagonisti del jazz italiano degli ultimi vent’anni. Il suggestivo calore della voce di Farrington e
la sapiente tessitura armonica della chitarra di Gibellini impreziosiscono anche due deliziosi
brani originali, Jazz dream, tributo ai maestri della storia del jazz., e la swingante My Matilda,
omaggio del cantante anglosassone al genere “vocalese” ma anche alla piccola figlioletta che
porta proprio quel nome. Da ricordare infine che tre dei tredici brani di «Two of us…» sono
ravvivati dalla presenza di tre amici–ospiti: il tenore di Jacopo Jacopetti è presente in Anita, la
batteria, anzi il rullante, di Richi Biancoli in Boog it, mentre gli archi sono ottimamente arrangiati
da Roby Soggetti in una struggente Autumn in New York.