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Luigi Bonafede piano-solo;
Paolo Fresu e Paolo Birro;
Carla Marcotulli e Marcello Tonolo;
Luisa Longo a Marc Abrams;
Paolo Fresu e Renato Chicco;
Pietro Tonolo e Luigi Bonafede;
David Boato Quintet con Francesco Bearzatti
Nato nel 1995 grazie all’impegno ed alla caparbietà di Maurizio Caldura, Marcello Tonolo e
Maurizio Camardi, il “Nord–Est Jazz–Fest” è diventato quasi subito un’importante vetrina per il
giovane jazz triveneto. Ma l’edizione 1998, la quarta, a seguito dell’inaspettata quanto
prematura scomparsa di Caldura, ha assunto giocoforza una connotazione del tutto particolare.
Hanno infatti voluto parteciparvi molti celebri jazzisti italiani, che il bravo sassofonista
veneziano d’adozione, ma friulano di nascita, avevano apprezzato e conosciuto. Questa
raccolta è soltanto la sintesi di una fittissima “tre giorni” concertistica che a Caldura (“Bicio” ne
era il soprannome) è stata dedicata, sull’onda emotiva provocata dalla sua morte assurda,
ancor oggi difficile per tutti noi da accettare. Non vi compaiono le pur importanti e riuscite
esibizioni di Giorgio Gaslini, Mario Raja, Tiziana Ghiglioni, Claudio Fasoli, Enrico Rava, solo per
fare qualche nome, per colpa soprattutto della scarsa qualità tecnica delle registrazioni, ma ciò
che di quel memorabile festival è stato alla fine e non senza difficoltà “salvato”, riesce
egualmente a catturare il nostro ascolto. A fare, seppur involontariamente, la parte del leone è il
pianista milanese Luigi Bonafede, qui in forma davvero smagliante, che ci regala tre intense
esecuzioni in completa solitudine e due superlativi duetti con i sassofoni di Pietro Tonolo. Non
meno riusciti appaiono gli incontri del trombettista sardo Paolo Fresu con i pianisti Renato
Chicco e Paolo Birro, ma meritano eguale attenzione i meno altisonanti, anche se altrettanto
riusciti duetti fra le vocalist Carla Marcotulli e Luisa Longo con, rispettivamente, il pianista
Marcello Tonolo ed il contrabbassista americano Marc Abrams. Anatolia, oltre che esser l’ultimo
brano della raccolta, l’unico fra l’altro eseguito da un gruppo con la sezione ritmica al completo,
è anche la sola composizione fra quelle presenti firmata da Maurizio Caldura. E’ un brano
breve e semplice, in cui viene rielaborato con gusto e freschezza uno dei giri armonici più usati
dai jazzisti (l’Anatol), quasi un saluto finale, ideale chiusura di un disco intenso e suggestivo.