Luca Alfonso Rossi (voce; chitarre elettrica, acustica e slide; tastiere; basso; percussioni), Simone Filippi (piano),
Logic The Drummer (batteria). Ospiti: Ageo Valdesalici (sampling, loops) nel brano 1, Ezio Bonicelli (violino) nel brano 2.
1) I play my chords; 2) Done; 3) Don’t go to strangers; 4) Joy; 5) Hambone; 6) The last trap; 7) Duty Free Rockets;
8) I want to tell you; 9) Sad King; 10) Wha wha wind; 11) When the wind talks to me.
Attivi dal 1991 al 2003, gli Üstmamò sono stati uno dei più originali esponenti del nuovo
rock italiano, con la loro bizzarra mescolanza di lingue (italiano, inglese e francese) e
dialetti (il reggiano; sono infatti originari dell’Appennino emiliano), ma anche di musiche,
riuscendo a far convivere punk, trip–hop, rock, house ed elettronica. Dopo cinque album
in studio e tre “live”, nel 2003, in concomitanza con l’uscita della raccolta
«ÜstBestMamò», il gruppo aveva annunciato il suo definitivo scioglimento. A distanza di
poco più di un decennio, senza la “frontwoman” Mara Redeghieri, Luca Alfonso Rossi e
Simone Filippi, le anime musicali della band, hanno deciso di riprendere il percorso
interrotto forse prematuramente, e l’hanno fatto con un album sorprendente, che ha testi
esclusivamente in inglese, «Duty Free Rockets», registrato nel corso del 2014 e
pubblicato nel marzo 2015 dalla nostra etichetta, Gutenberg Music. Ci racconta di questa
importante quanto inaspettata decisione, quello che è ancor oggi il principale
responsabile musicale del progetto, Luca A:Rossi: “A dieci anni dallo scioglimento ho
deciso di rimettere in piedi gli Üstmamò, perché avevo voglia di suonare, qualche
idea e un po’ di tempo da dedicarci. In fondo era la mia band! Ho parlato a lungo
con i miei ex–compagni, ma dopo dieci anni e alla soglia dei cinquanta le nostre
vite erano molto cambiate. Ezio Bonicelli e Mara Redeghieri sono oggi insegnanti
a tempo pieno, hanno altri progetti, e per questo giro hanno preferito passare la
mano, ma mi hanno comunque spinto a continuare, anche senza di loro, e per
questo li ringrazio … Simone Filippi ha invece accettato il mio invito, mi ha aiutato
nella stesura dei testi e nella preparazione degli arrangiamenti dal vivo, sarà
quindi nella nuova band. Avevo le mie idee, le mie mezze canzoni, ma senza
cantante ero perso e così ho dovuto lavorare di più, cercare altre strade. Sono un
musicista, negli ultimi anni ho suonato molto la chitarra, non ho la necessità di
scrivere parole, non ne sento il bisogno: ma senza testo una canzone non è una
canzone. Il guaio di scrivere in italiano è che spesso il significato uccide la musica,
se la mangia … nel migliore dei casi. L’italiano è talmente importante e difficile …
Così ho preferito scrivere in inglese, non che per me sia più facile, ma almeno mi
riesce e suona meglio. Le parole sono sempre venute fuori dopo la musica,
abbastanza naturalmente, senza voler essere troppo importanti: lasciano spazi
liberi all’interpretazione e alla fine sono soddisfatto …”. Rossi parla quindi delle
uniche due cover presenti nell’album: “Ogni tanto mi tornava in mente qualche
brano di altri, come Don’t go to strangers, che suonava sempre J.J.Cale.
L’ascoltavo a dodici anni quando cominciavo a strimpellare la chitarra: l’ho
registrata e cantata in tre ore… Per Hambone è stato lo stesso: si tratta di un
classico del R’R, un po’ country, che suonavo appena quattordicenne… è stata più
complicata da registrare, mi usciva sempre troppo reggae… Le mie canzoni sono
venute cosi, senza molti problemi, ma con tanti errori grammaticali e di pronuncia,
che Simone mi ha poi aiutato a correggere. Ma mi soddisfano tutte e, alla fine, non
sono mai stato così felice di un lavoro”. Da segnalare la presenza, in qualità di
ospiti, sia dell’ex–compagno Ezio Bonicelli, che di Ageo Valdesalici, produttore e
“stregone” dell’elettronica.